BENEVOLENZA, ALTRUISMO ED EFFICIENZA:  l’intelligenza artificiale e il futuro della cooperazione sociale. 

Francesca Gennai è una manager della società che si sa organizzare per il bene comune e sociale; il suo lavoro rispetta e gestisce chi se ne prende cura, in modo empatico, efficace e significativo. Ma prima di tutto è una ricercatrice del futuro del mondo della cooperazione sociale. Altruismo, benevolenza e efficienza  le sue parole chiave. Perchè è chiaro che l’egoismo nella nostra società batte l’altruismo all’interno di un gruppo. Ma i gruppi altruisti battono i gruppi egoisti con la benevolenza; e forse anche con un po’ di intelligenza artificiale. La sua analisi e le sue proposte sono un punto di partenza molto importante per immaginare e costruire il futuro della cooperazione sociale, la ringrazio per averle scritte in questo spazio.

BENEVOLENZA, ALTRUISMO ED EFFICIENZA:
l’intelligenza artificiale e il futuro della cooperazione sociale. 

di Francesca Gennai

L’interazione con l’intelligenza artificiale diventa oggi per la cooperazione sociale un punto prioritario nella sua agenda di lavoro per appropriarsi di due valori centrali nel suo modello ed ad oggi quantomai strategici: la benevolenza e l’altruismo. 

Sono sostanzialmente tre le sfide intorno alle quali si gioca parte del futuro della cooperazione sociale ed in tutte e tre le funzionalità messe a disposizione dall’intelligenza artificiale possono fare la differenza. La prima sfida è trovare una soluzione ad un dilemma che ormai l’attanaglia da anni, ovvero essere un settore attrattivo per chi cerca una occupazione creando contesti lavorativi di ben – essere che come sappiamo bene fanno sempre più la differenza nelle scelte di vita delle persone. La seconda continuare ad esercitare il ruolo di sentinella strategica per ridefinire le politiche pubbliche e i servizi in base ai bisogni emergenti nella comunità. Non dobbiamo perdere di vista che è proprio nella misura in cui è in grado di rispondere ai bisogni e creare coesione sociale che la cooperazione misura il raggiungimento della sua mission. E la terza è non morire di scartoffie: lo stress test degli adempimenti rischia infatti di soffocare quell’infrastruttura sociale che invece dovrebbe concentrarsi sulla generatività territoriale e sull’innovazione. 

Un primo ambito di dialettica con l’intelligenza artificiale ha a che vedere con la benevolenza che, intesa come la capacità di trascinare le persone verso un ideale di successo e senso condiviso, sta diventando sempre più un tratto centrale nella leadership organizzativa. A maggior ragione lo è in imprese che lavorano all’interno di contesti che hanno l’obiettivo primo di “prendersi cura degli altri” e di inserire in contesti produttivi le persone più fragili. Per poter lavorare sulle competenze e sull’empowerment di queste persone è sempre più necessario saper allestire contesti che corrispondono non solo alla classica postazione lavorativa (con le regole e le modalità di funzionamento), ma che sappiamo intercettare le “diverse motivazioni intrinseche ed estrinseche” che spingono a stare in quel luogo di lavoro (bisogni, sogni, passioni, necessità economiche…). Ed è qua che può entrare in gioco l’intelligenza artificiale che con la sua capacità di leggere la “documanità”, ricca di sfumature e ambivalenze che tutti noi seminiamo in giro, può restituire una mappa ad personam delle aspettative e delle motivazioni di chi lavora supportando le imprese a mettere in atto politiche organizzative di inclusione che diano a tutti la possibilità di contribuire alla “buona riuscita” del proprio lavoro e di conseguenza al perseguimento dell’interesse generale. 

Il secondo ambito ha a che fare con l’altruismo, o meglio con il “data altruism”. Partiamo da un dato di fatto: siamo una società sempre più data driven, in cui l’innovazione legata alla definizione di politiche e servizi alla persona è sempre più dipendente dalla capacità di avere accesso ai dati e di saperli leggere. Da poco è nato il registro dell’UE delle organizzazioni per l’altruismo dei dati e questo rappresenta uno scenario a cui devono guardare organizzazioni che da sempre hanno un sistema di rilevazione dei bisogni, anche se forse alimentato in maniera troppo artigianale. Per essere oggi attivi nel conferimento dei dati, dobbiamo come cooperazione accelerare il processo di trasformazione digitale avviando processi dove i dati vengono generati dai sistemi informativi, dobbiamo imparare a consultarli e rielaborarli in un contesto allargando e diventare abili a usarli come base per la progettazione di nuovi servizi e come elemento che può creare un impatto sul territorio. Certo che accettare di guardare con occhi nuovi alle tecnologie, implica anche rivedere il rapporto tra utente e operatore, fra utente ed educatore etc… (penso a robot nelle pulizie, chatbot, assistenti virtuali, ecc) e soprattutto avviare anche una crescita interna di competenze rispetto al linguaggio. Come si interroga l’A.I.? Dovremo diventare bravi a impostare e gestire il confronto linguistico tra uomo e macchina ad un elevato livello di complessità. 

L’ultimo punto riguarda il ritardo nella trasformazione digitale del terzo settore e delle ripercussioni che questo sta avendo in una fase del suo sviluppo in cui gli adempimenti burocratici e di compliance sono decisamente importanti. Non guardando alle nuove funzionalità messe a disposizione dall’intelligenza artificiale il rischio che incorriamo è di continuare a rispondere alle procedure amministrative, progettuali e rendicontative con la stessa modalità di intensità di lavoro nel corso degli anni, senza ottimizzarne né i tempi né la capacità di produrre output significativi. A fronte di un aumento di richieste in termini di certificazioni, accreditamenti, autorizzazioni (etc…), pertanto la mancanza di un efficientamento di processi di gestione della documentazione può solo portare all’aumento esponenziale del tempo necessario per il back office delle nostre organizzazioni a discapito del tempo da investire nella relazione professionale e nel pensiero. 

In estrema sintesi, l’intelligenza artificiale può oggi offrire alla cooperazione sociale una grande opportunità per sviluppare politiche inclusive che creino contesti di lavoro sempre più attrattivi, per sfruttare appieno il potenziale dei dati nella progettazione ed erogazione dei servizi ed, in ultimo, per non rimanere intrappolate in processi inefficienti, dedicando troppo tempo alla burocrazia e troppo poco alla relazione con le persone.