Devo dire che, almeno per ora, il dibattito se l’intelligenza artificiale è intelligente, se è cosciente o se pensa non mi prende moltissimo. Mi interessa più capire che impatto ha antropologicamente e sociologicamente sull’uomo. Vedo per ora quello che fa. Ci si possono scrivere tanti progetti, chiedere previsioni, immaginare un futuro, farci delle lezioni per scuola e per l’università, scrivere sceneggiature e poesie. È tantissima roba e a me pare che tutta questa produzione, più o meno sensata, di contenuti della AI inizi a riempire le scuole, le aziende, i giornali, le università, le tesi, i compiti, i progetti dei consulenti, le petizioni, le delibere e le norme istituzionali, perfino le decisioni dei giudici. Negli Stati Uniti il giudice, che ha l’obbligo di citare le fonti a cui ha attinto per decidere la sentenza, ha scritto che una buona parte della sua sentenza era stata scritta da ChatGPT. In alcune chiese pure le omelie sono fatte da ChatGPT. E tutto questo disegna il futuro dell’umanità. Quell’intreccio tra biologia e cultura mediato dal linguaggio diventa sempre più indefinito, scompare verso la cultura sintetica dove l’uomo in parte ha ancora per poco qualche minimo arbitrio, quello di fare le domande alla AI. Le nostre narrazioni e le nostre azioni determinavano il futuro. Ma se queste narrazioni sono fatte in gran parte dalla AI? È un po’ come i racconti quando non c’era la scrittura. È un po’ come la scrittura quando non c’era Gutenberg. È un po’ come i libri quando è arrivato l’ipertesto o Internet. Per ora cerco di capire come questo sta avvenendo. Ma il fatto che siano i computer a immaginare il nostro futuro mi spaventa molto più del chiedermi se avranno una coscienza o se diventeranno davvero intelligenti. Perchè per raccontare il futuro ci vuole intelligenza. Ma nel triste dominio culturale in cui siamo oggi serve soprattutto molta persuasione e di questa a quanto pare la AI ne ha molta e sta imparando sempre più velocemente a usarla. E serve anche un medium potente che la trasporti e anche in questo grazie ai suoi genitori per ora la AI è fortissima.
La AI per ora non è intelligente ma è persuasiva e dispone di media che amplificano di molto quello che propone. Non serve molto di più per decidere come sarà il nostro futuro. E cosi anche le allucinazioni, cioè la generazione di output che possono sembrare plausibili ma che sono effettivamente errati o non correlati al contesto dato, che ChatGPT ci propone quotidianamente diventano uno strumento potente di illusioni per chi legge. Se negli ultimi anni siamo stati avvolti e persuasi dalle micronarrazioni dall’orizzonte ristretto ma persuasivo dei social network, la AI ci può persuadere ritornando alle narrazioni culturali e spirituali profonde. Da secoli ci affidiamo a narrazioni umane dettate dalla trascendenza. Come la narrazione del diluvio e della salvezza trovata da Noè sull’arca; un racconto pauroso ma che indica anche una soluzione. Quel rifugio che prova a navigare sulle acque in tempesta piene di morte, racchiude in sé una promessa potente di futuro, di un nuovo inizio che si realizza come un accordo di pace tra uomo e natura. Ora spetta a noi decidere se le prossime narrazioni umane siano dettate dal sintetico, iniziando magari a determinare quando possiamo usare la AI. Nessuna azienda mette in produzione un aereo se non dopo milioni di test di ogni tipo, cosi come le case farmaceutiche testano per anni un medicinale prima di distribuirlo. Perchè per la AI non è lo stesso? Perchè non lasciar fare alla scienza tecnica e umanistica prima del pensiero del profitto e del marketing?
Magari ripartendo dalla storia dei bit. Introdurre dei meccanismi per cui riusciamo a tracciare la storia dei bit e il loro contesto potrebbe aiutare. Il Web è stato creato per ricordare tutto dimenticando il suo contesto, probabilmente per facilitarne la diffusione e il suo utilizzo.
Oggi tutti diamo per scontato che il Web, anzi Internet sia per sua natura senza contesto e senza un’origine. Ma non è mai stato cosi almeno secondo due dei suoi inventori. Le proposte iniziali per l’architettura della rete digitale, vengono da due geniali e lungimiranti scienziati come Vannevar Bush nel 1945 e da Ted Nelson, inventore dell’ipertesto nel 1960, e propongo di conservare la provenienza dei bit. Ora con l’arrivo dell’intelligenza artificiale (meglio sintetica) stiamo iniziando a capire i veri costi dell’ignorare questo approccio. Senza provenienza, senza origine, senza storia non abbiamo modo di controllare l’AI e di renderla utile strumento di progresso per aiutare a arrivare a una giustizia sociale. Cosi come l’arca di Noè fu una grande narrazione di uno strumento innovativo e di emergenza per affrontare una situazione di crisi causata dall’arrivo di un evento inaspettato contro il quale la comunità non possedeva strumenti per difendersi, questo è il momento per cui una grande alleanza tra istituzioni sociali, economiche, politiche, culturali e antropologiche, può costruire una nuova forma di civiltà, una nuova democrazia. Partendo dal riconoscere la forza dei legami e delle relazioni tra donne e uomini, tra natura e umanità. Abbiamo la grande e irrinunciabile responsabilità di contribuire per dare un futuro alla vita sulla terra; quella umana e quella della natura di cui spesso ci scordiamo di farne solo parte, mentre siamo ancora convinti di esserne i padroni.