Una delle tante domande nel tempo del Covid-19 è se un numero maggiore di robot o robot più intelligenti utilizzati nelle industrie e nelle imprese avrebbero potuto ridurre o addirittura impedire la crisi economica. Un’altra sempre in periodo di crisi è se e quanto l’automazione aumenterà nel processo produttivo. Provare a leggere il futuro con gli strumenti di oggi non è plausibile, per questo raccontarlo e desiderarlo rimane la cosa migliore da fare perchè il nostro futuro, possibilmente migliore, avvenga.
Le applicazioni delle innovazioni tecnologiche nella vita di solito non sono veloci, hanno bisogno di essere ricercate, narrate, prodotte e utilizzate. Ma con la pandemia tutto questo sta succedendo saltando i passaggi più importante come quello politico, sociale e culturale. E le innovazioni tecnologiche da sempre cambiano o sostituiscono il lavoro e il comportamento delle persone. Crisi e innovazione tecnologica insieme e veloci spesso portano efficienza, difficilmente resilienza.
Uno studio del 2012 ha dimostrato come i lavori di routine, facilmente automatizzati, sono scomparsi con la crisi finanziaria del 2008 e sostituiti dalle macchine. A fine 2018 l’incremento del numero dei robot (International Federation of Robotics) a livello mondiale è stato del 6%, circa 420 mila robot nuovi robot su un totale operativo di circa 2 milioni e mezzo. Non ancora una nazione ma una grande città europea fatta solo di automi. Il 74% di tutte le installazioni sono in 5 paesi: Corea del Sud, Giappone, Cina, Stati Uniti e Germania, l’Italia indietro. I primi dati sembrano indicare che i robot da soli per ora non ce l’hanno fatta. Le imprese lamentano problemi nel trasporti e nella logistica e mancanza di fornitura regolare dalla Cina e ritengono che avranno ritardi nella produzione fino all’80%. Rimane che il presidente della Hyundai ha affermato che domani potrebbe convertire tutte le sue fabbriche facendole produrre solo da robot senza nessun lavoratore; se i sindacati giapponesi non fossero ancora cosi potenti. Germania e Corea del Sud sono esempi virtuosi di come nonostante l’alta automazione hanno mantenuto basso il livello di disoccupazione. È il metodo della contrattazione.
D’altra parte poi i più grandi produttori di robot del mondo come Fanuch Corp, Hamronic Drive System e altri dichiarano che gli ordini di acquisto dei loro prodotti sono aumentati mai come prima, in marzo del 7%.
Uno degli ostacoli della transizione da lavoro umano a robot sono i costi ma le aziende che hanno dovuto interrompere la produzione per evitare i contagi e salvare vite umane quei costi cosi facendo li hanno abbattuti. Le aziende iniziano a sostituire, in tempo Covid-19, più velocemente i lavoratori con i robot.
E il consumo sembra favorire questa strategia. Nel 1918 durante la pandemia della spagnola la paura contribuì in maniera importante a ridurre la fiducia tra le persone anche nei consumi e nei comportamenti. I consumatori poi durante una crisi pandemica tendono a consumare prodotti a prezzi più bassi e a minor intensità di manodopera e preferiscono stare lontani dai negozi. Per questo l’e-commerce, sempre più robotizzato, nei prossimi mesi aumenterà grazie anche al contributo dei molti lavoratori dei magazzini che superano per ora in abilità le macchine.
I diversi tipi di sussidio stanno aiutando a mantenere basso il conflitto sociale e forse anche la domanda di robot da parte delle aziende ma dopo, l’automazione aumenterà e dove il virus non fa distinzioni nelle scale sociali potrebbero farlo i robot. Mentre i lavoratori a basso reddito hanno più probabilità di essere sostituiti, quelli a alto sono più a prova di pandemia. Roubini in una recente intervista ha notato come a New York i negozi del lusso abbiano svuotato, per paura di furti, le vetrine e gli scaffali e le catene dei supermercati hanno triplicato le guardie private mentre i banchi alimentari solidali hanno triplicato le fila. La metà dei ristoranti a New York non aprirà più. Un’altra domanda, conclude Roubini, è quella se è possibile pensare che fra tre mesi tutto questo sarà finito.
Ma la domanda importante rispetto a tutte le altre è cosa accadrà a questo grande numero di lavoratori, di persone espulse due volte prima dalla crisi e poi dai robot non nel medio o lungo periodo ma nel breve, senza norme sociali e culturali che accompagnino questo passaggio. Si potrebbe iniziare a costruire un metodo per contrattare con i robot e in definitiva con Google, Amazon e le altre sorelle. Perchè le persone senza lavoro saranno, sono, già molte milioni, e per questo potrebbero spingersi a unirsi in comunità di mutuo soccorso molto forti sia nelle richieste politiche che in quelle, meno, di consumo. In Inghilterra nel 19° secolo il governo inviò contro i luddisti, che distruggevano macchine e telai per paura di perdere il lavoro, un esercito più numeroso di quello schierato contro Napoleone. Oggi non sarà una rivoluzione da barricate e cannoni, contro gli algoritmi non servono, ma i rivoluzionari della AI dovrebbero essere interessati a negoziare un accordo buono per entrambi. Del resto una rivoluzione armata non conviene nemmeno ai padroni dei social e dei dati che preferiscono tempi di pace, dove le persone continuano a fare quello che stanno facendo ogni giorno sulle loro piattaforme.