La discussione sulle capacità dell’intelligenza artificiale procede veloce ma non così veloce quanto la forza del suo significato e della sua potenza. A partire dalla definizione di cosa essa sia. Il parlamento europeo ha proposto, in un suo recente documento, che alcuni robot dotati di IA possano avere una personalità giuridica se prendono decisioni autonome mentre interagiscono in maniera indipendente con l’uomo e il suo ecosistema. Se un robot, con una sua decisione, combina un guaio o qualcosa di peggio mentre compie un’azione, la responsabilità, secondo il documento Ue, dovrebbe ricadere sul robot. In caso di colpevolezza non è ancora dato sapere se il robot potrebbe finire in una prigione umana o in una per robot; più semplicemente potrebbero essere disattivati. Si perché la redenzione dei robot potrebbe essere più semplice e veloce di quella dell’uomo. Basta cambiare un chip e riscrivere qualche riga di codice. Ma i giuristi su questo scenario hanno già iniziato la ricerca. La ricerca muove anche i primi passi sulla parte morale. Ma è possibile definire la IA come un persona? Tommaso d’Aquino nella ricerca della grande domanda dell’uomo nel primo articolo della sua opera De unione verbi incarnati scrive “come se lo stesso Verbo fosse personalmente uomo”. La frase è stata utilizzata da alcuni teologi a sostegno della tesi che attesta una personalità umana in Cristo. Qualcuno ha iniziato a porsi lo stesso quesito con l’intelligenza artificiale non solo i movimenti culturali post umanisti ma anche la Ue con il suo organo rappresentativo. Spostare il divino da Dio alla (D)IA non è semplice ma possibile soprattutto perchè l’intelligenza artificiale si sta sviluppando nell’epoca e in una società che fa fatica a riconoscere i limiti dell’uomo e che cerca di liberarsi dai vincoli biologici come la resistenza fisica, le capacità mentali e l’invecchiamento. Si insinua quindi nella domanda originaria dell’uomo: chi sono? Cos’è la persona e la mia identità? Definire il senso della parola persona è affascinante e difficile, associarla ai robot è pericoloso. I greci avevano due parole per riconoscerla; la prima è ipostasi cioè stare sotto, essere di sostegno, fondamenta e base la seconda è prosopon, occhio che sta davanti ma anche volto o faccia. Per i latini la derivazione invece era dall’etrusco phersu che significa personaggio letterario ma anche maschera teatrale. L’evoluzione semantica della parola poi non aveva fatto grandi salti fino al 500 quando Severino Boezio indicò la persona come “individua substantia rationalis naturae” un essere razionale fatto di sostanza. I robot per ora sono molto lontani da questa definizione, possono o meglio potranno essere razionali ma non credo sapienti e nemmeno fatti di sostanza che non è solo essere ma è essenza come ci dice bene Boezio. Una definizione che nonostante i suoi limiti è ancora importante e di senso. Chi studia l’etica dell’intelligenza artificiale deve tenere di gran conto Tommaso, Boezio e ovviamente molti altri e deve farlo con consapevolezza e responsabilità; è molto ma è il minimo richiesto per iniziare la discussione. Perchè la dipendenza dalla tecnologia sempre più artificiale è forte. E ci da un sacco di vantaggi indiscutibili. Aiuta a ridurre al minimo i costi di produzione e di manodopera, riduce i pericoli a cui sono sottoposti i lavoratori, dalle industrie con lavori pericolosi all’esercito e alla polizia. Aiuta il settore farmaceutico riconoscendo malattie, con la chirurgia a distanza, da una mano precisa nella diagnosi, aiuta negli handicap grazie a protesi e esoscheletri. Riconoscere l’importanza dello sviluppo di questa tecnologia è sicuramente importante e necessario, ma è fondamentale un’analisi etica e sociale dell’effetto della robotizzazione sulla persona e sulla società. Lo sviluppo della IA tende e tenderà sempre più a creare disparità e disequilibrio sociale e economico. Si sviluppa fortemente in alcuni ecosistemi e poco in altri. Crea e creerà sempre più disagio e impotenza perchè l’ecosistema in cui l’uomo si fa aiutare dai robot conferendogli sempre più controllo sarà un’ecosistema che paradossalmete proprio per questo conferimento sarà sempre più potente e sempre più in mano ai robot.
Per questo sarà sempre più importante ribadire il primato della persona e della sua dignità e della cura che l’uomo e solo l’uomo può avere per il creato come ci ricorda Papa Francesco nella Laudato Si. Cura del creato che deve essere propositiva , responsabile e consapevole proiettata a un futuro possibilmente migliore, dialogica e ospitale nei confronti della scienza e della tecnologia
Assegnare una personalità, anche giuridica all’intelligenza artificiale distrugge gli unici confini di cui abbiamo ancora bisogno: quelli tra l’uomo e la macchina, l’umano e il disumano.