Mentre l’umanità si trova sull’orlo di trasformazioni senza precedenti, alimentate dalla crescita esponenziale dell’intelligenza artificiale, un nuovo terreno di confronto si apre: quello spirituale. Il prossimo Conclave per l’elezione del nuovo Papa rappresenta non solo una svolta per la Chiesa Cattolica, ma anche un’occasione storica per le élite del longtermismo tecnologico. Dopo aver plasmato l’industria, la finanza e la politica, i fautori dell’accelerazione tecnologica vedono ora la necessità di legittimarsi anche sul piano morale e religioso. L’interrogativo è semplice e drammatico per chi non la pensa come loro: riusciranno a influenzare la scelta del nuovo Pontefice?
Per Peter Thiel, Nick Bostrom, Marc Andreessen, Elon Musk e altri leader del longtermismo, il futuro dell’umanità si gioca sulla velocità di sviluppo dell’AI, sulla colonizzazione dello spazio, sull’espansione indefinita delle capacità cognitive. Ma ogni impero ha bisogno di una legittimazione morale. E quale migliore istituzione di quella che per secoli ha rappresentato l’autorità etica universale, la Chiesa Cattolica? Per questo, il nuovo Conclave può essere visto come un’opportunità strategica: eleggere un Papa anche solo parzialmente favorevole alla “salvezza tecnologica” aprirebbe uno spazio immenso di influenza culturale e spirituale.
Elon Musk, già protagonista di una strategia geopolitica che punta a plasmare l’immaginario collettivo americano attraverso il controllo dei social, delle piattaforme infrastrutturali e delle narrative politiche, sembra incarnare la logica di una conquista totale: dalla Casa Bianca al Vaticano. Se la politica può essere conquistata con la promessa di sicurezza tecnologica e crescita infinita, la spiritualità deve essere conquistata con la promessa di un nuovo Eden post-biologico. Non è più sufficiente dominare l’economia e l’informazione: occorre presidiare l’immaginario escatologico, la visione stessa del destino umano.
Un Papa incline al longtermismo rappresenterebbe per queste élite il definitivo superamento delle ultime resistenze umanistiche all’egemonia tecnologica. Potrebbe legittimare il racconto di un futuro salvifico costruito dall’IA, presentare la crescita tecnologica come compatibile con il disegno divino, riformulare concetti chiave come “salvezza”, “creazione”, “redenzione” in chiave evolutiva e tecno-propulsiva. In questo modo, la Chiesa, anziché opporsi al nuovo ordine algoritmico, potrebbe diventare un acceleratore morale dell’Artificene. Una volta abbattuta la distinzione tra progresso spirituale e progresso tecnologico, ogni resistenza culturale alla società algoritmica verrebbe delegittimata.
Un Pontefice longtermista non muterebbe immediatamente la dottrina, ma cambierebbe il clima culturale. Promuoverebbe encicliche che esaltano la tecnologia come dono, aprirebbe ai partenariati con le Big Tech per “la cura del creato”, ridurrebbe l’accento sulle critiche al capitalismo digitale, spingerebbe verso una governance globale “basata su evidenze scientifiche”. Progressivamente, la differenza tra teologia cristiana e mitologia tecnocratica si assottiglierebbe. L’uomo come creatura fragile lascerebbe spazio all’uomo come progetto tecnico infinito.
Questo mutamento avrebbe conseguenze anche politiche: la Chiesa, invece di rappresentare una voce indipendente rispetto ai processi di accelerazione tecnologica, diventerebbe parte integrante di quell’ecosistema, consolidando l’egemonia delle piattaforme globali. La spiritualità verrebbe reinterpretata come “upgrade” morale ed evolutivo, con la carità trasformata in efficienza sociale e la speranza traslata nella promessa di un futuro post-biologico.
Resistere a questo scenario richiede forze determinate e consapevoli della posta in gioco. Papa Francesco in numerose occasioni ha rimarcato, unico tra le diverse autorità religiose, la centralità dell’umanità riconoscendo nella AI buone opportunità. Alcuni cardinali occidentali, africani, asiatici e latinoamericani, ancora radicati in visioni comunitarie e antropologie non tecnocratiche, potrebbero opporsi con forza. Comunità religiose legate a un’idea incarnata e solidale dell’umanità costituirebbero il primo baluardo. La teologia della liberazione, i movimenti cattolici per la giustizia sociale, le realtà monastiche e contemplative, sarebbero decisive nel mantenere viva una visione dell’uomo come essere relazionale e non come entità ottimizzata dalla AI.
Anche il mondo laico potrebbe sorprendere: filosofi, scienziati sociali, ecologisti radicali e pensatori critici del transumanesimo potrebbero vedere nella difesa della spiritualità autentica un’alleanza imprevista contro l’omologazione algoritmica. La lotta non sarà solo teologica, ma culturale e antropologica: una difesa del pluralismo contro la monocultura tecnocratica.
L’idea di avere un “Papa longtermista” rimane al momento una speculazione, ma essa evidenzia la necessità di un dibattito approfondito sul rapporto tra fede, etica e tecnologia nel mondo moderno. La vera posta in gioco non è solo chi guiderà la Chiesa, ma quale concezione dell’umano prevarrà nei prossimi decenni. Sarà quella della persona fragile, relazionale, spirituale, o quella dell’essere potenziato, selezionato, proiettato verso l’infinito tecnologico? Il Conclave è il crocevia tra queste due visioni. Se c’è un momento per resistere all’assimilazione della fede da parte della tecnosfera, è ora. Se c’è un momento per reclamare una nuova alleanza tra comunità, natura e spirito, contro l’Impero dell’IA, è adesso. Non è solo un’elezione. È un confronto per il futuro dell’uomo. È la difesa della libertà spirituale, del sacro, contro la colonizzazione della mente e delle coscienze delle persone.
Grazie a Alessandro Dalla Torre, il primo ragionamento di quanto sopra parte da lui.
IMMAGINE: “L’Apoteosi di Ercole” di François Lemoyne, 1733. L’ascesa verso l’immortalità vista come premio tecnico, esattamente come il sogno longtermista di un’umanità post-biologica.