Nelle pieghe dei suoi interventi più incisivi, da Laudato Si’ ai messaggi sulla pace e sulla comunicazione, Papa Francesco affronta in modo crescente e sistematico la questione dell’intelligenza artificiale. Il suo approccio non è quello di un tecnico, ma di un osservatore attento alle dinamiche profonde che regolano il nostro tempo. Nei testi analizzati, emergono due preoccupazioni distinte: l’una legata all’etica dell’IA, l’altra alla concentrazione del potere in chi la sviluppa e la controlla.
In Laudato Si’ (2015), Francesco parla della tecnica come potere assoluto senza garanzie morali, un potere che tende a sfuggire a ogni controllo. L’IA non viene nominata, ma il discorso si applica perfettamente al paradigma tecnocratico di cui l’IA è oggi il simbolo più evidente. Il Papa descrive un mondo in cui la tecnica, quando non governata da un’etica del limite, diventa strumento di dominio: “Mai l’umanità ha avuto tanto potere su se stessa, e nulla garantisce che lo utilizzerà bene…” (n. 104). La tecnica, unita alla finanza, diventa secondo lui una forma di dominio ideologico che rischia di soppiantare ogni altro criterio di giudizio.
Nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2024, intitolato “Intelligenza artificiale e pace”, si affronta direttamente il tema dell’IA. Lo sviluppo tecnologico, se lasciato in mano a pochi, può generare nuove forme di disuguaglianza, escludere intere popolazioni e mettere in pericolo la pace. “La concentrazione del potere tecnologico nelle mani di pochi attori economici rischia di accrescere ulteriormente le disuguaglianze.” L’accento è sul rischio di una nuova forma di colonialismo digitale, in cui le nazioni più povere diventano dipendenti dalle tecnologie sviluppate altrove.
Nel Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2024, intitolato “Intelligenza artificiale e sapienza del cuore”, Francesco parla di manipolazione delle coscienze. L’IA viene inquadrata come uno strumento potenzialmente capace di influenzare in profondità le scelte individuali e collettive: “Serve sapienza del cuore per evitare che il potere tecnico si trasformi in dominio sulle coscienze.” Anche qui, l’etica è evocata come strumento di resistenza, non come fondamento neutro.
Nel Discorso al G7 (14 giugno 2024), il Papa è ancora più diretto. L’intelligenza artificiale viene definita come possibile strumento di dominio dei più forti sui più deboli. Francesco chiede una regolazione internazionale, ma non tanto per definire principi generici, quanto per evitare che il controllo algoritmico diventi la nuova architettura del potere globale.
Un ulteriore elemento significativo è il Rome Call for AI Ethics (2020). Promossa dalla Pontificia Accademia per la Vita insieme a colossi tecnologici come IBM e Microsoft, la dichiarazione si fonda su sei principi: trasparenza, inclusione, responsabilità, imparzialità, affidabilità, sicurezza e privacy. Tuttavia, la firma del documento ha un valore soprattutto simbolico. Non si traduce in obblighi concreti per gli attori tecnologici coinvolti. Il Papa ha sostenuto l’iniziativa, riconoscendone il valore come primo tentativo di dialogo tra etica, tecnologia e imprese globali. Scavando nei suoi testi più recenti si nota un tono sempre più critico nei confronti di una visione etica disincarnata, che non incide realmente sulle dinamiche di potere sottese allo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Nei messaggi del 2024 e nel discorso al G7, la preoccupazione centrale non è la mancanza di linee guida morali, ma la realtà già in atto di una concentrazione decisionale nelle mani di pochi soggetti, privi di mandato democratico, capaci di indirizzare la vita sociale, economica e persino spirituale delle persone attraverso algoritmi opachi. In questo senso, l’approccio algoretico rappresentato dal Rome Call appare, se non superato, almeno insufficiente: privo di strumenti vincolanti, di controllo, di responsabilità concreta. Laddove il Papa parla di manipolazione delle coscienze e dominio geopolitico, sembra suggerire che il problema non è solo quale etica accompagni l’IA, ma chi ne determina gli scopi, i limiti e i benefici. E soprattutto: chi può opporsi. Il pericolo è il potere di chi detiene la AI.
Nel documento Antiqua et Nova (28 gennaio 2025), elaborato congiuntamente dai Dicasteri per la Dottrina della Fede e per la Cultura e l’Educazione, si sviluppa una riflessione più ampia sul rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza umana. Anche qui emerge la preoccupazione che l’IA, se non orientata verso il bene comune, possa diventare strumento di controllo sociale e disumanizzazione.
L’ 11 febbraio 2025, in occasione dell’Artificial Intelligence Action Summit tenutosi a Parigi, Papa Francesco ha inviato una lettera al Presidente francese Emmanuel Macron. In questo messaggio, il Pontefice esprime l’importanza di garantire un controllo umano significativo sulle decisioni prese dai programmi di intelligenza artificiale. Papa Francesco inoltre auspica la creazione di una piattaforma d’interesse pubblico sull’intelligenza artificiale, affinché ogni nazione possa trovare in essa uno strumento di sviluppo e di lotta contro la povertà, nonché di tutela delle culture e delle lingue locali. Ha richiamato infine l’attenzione sulla necessità di considerare gli effetti sociali dell’IA sulle relazioni umane, sull’informazione e sull’istruzione, ribadendo che la questione fondamentale rimane antropologica.
Non è mia intenzione attribuire a Papa Francesco una posizione univoca o ideologica. Ma leggendo i suoi testi con umiltà, si ha l’impressione che la sua diagnosi non si fermi a un richiamo etico. L’etica, nei suoi interventi, sembra piuttosto uno strumento per arginare un problema più grande: quello del potere. Un potere che si concentra in silenzio, che si nasconde dietro il linguaggio della neutralità tecnologica, che penetra le coscienze prima ancora di manifestarsi nei dati. Se questa è la linea di frattura, allora il problema oggi non è tanto rendere l’IA più giusta, ma impedire che diventi il nuovo assoluto politico del XXI secolo. Non è una questione morale. È una questione di sovranità.
Alla luce di quanto emerso, si può dire che l’appello del Papa non è tanto per un miglior codice etico, ma per una presa di coscienza politica. La tecnologia non è neutra e l’intelligenza artificiale, in particolare, non è semplicemente uno strumento da usare bene: è già un sistema di potere. Un potere che si muove tra corporation, Stati, piattaforme e reti opache, con capacità di determinazione profonda della realtà sociale. L’etica, se non accompagnata da strutture di contrasto e da visioni alternative, rischia di diventare il maquillage dell’egemonia digitale. E forse è proprio questo che i testi del Papa ci invitano a non dimenticare.
Immagine: La battaglia di Alessandro e Dario a Isso, dipinto a olio del 1529 dell’artista tedesco Albrecht Altdorfer.