Sulle vecchie carte stradali, le strade principali erano segnate in rosso e quelle secondarie in blu. Adesso i colori sono cambiati, ma subito prima dell’alba e subito dopo il tramonto – brevi istanti né giorno né notte – le vecchie strade restituiscono al cielo un poco del suo colore, assumendo a loro volta un’arcana tonalità blu. È l’ora in cui le strade blu hanno un fascino intenso, e sono aperte, invitanti, enigmatiche: uno spazio dove l’uomo può perdersi. Circa così inizia un grande romanzo di viaggio e così appare la costa ovest sarda a chi la visita. Blu, così come appare il paesaggio e la sede, arrivando a Marceddì, del Consorzio dei pescatori dove potete trovare il Presidente, appassionato narratore delle vicende dei pescatori di cefali e arselle. Le sue parole creano consapevolezza e la consapevolezza crea la fiducia, e la fiducia porta anche investimenti e talenti. I lavoratori immersi fino alla vita nell’acqua ci credono e lavorano a testa bassa. Credo che con questo spirito sia il loro impegno. Nei periodi duri di questa epoca, una parte della società deve affrontare i drammi del giorno, un’altra parte immagina e pianifica quello che verrà domani. Così prova a fare Sardegna Ricerche, che investe nel progetto Altrovest; affidandone la cura al FLAG Pescando, un gruppo di soggetti – pubblici e privati – che sviluppano e attuano nelle zone costiere strategie di sviluppo locale di tipo partecipativo e ai GAL di Sinis, di Terras de Oliae di Linas; gruppi di Azione Locale, rurale. È possibile affermare che una delle peculiarità intrinsecamente italiane delle narrazioni che orientano l’innovazione e di cui si parlava nel post precedente è la loro ricchezza di dettagli seducenti, con una rilevanza estetica e una profondità culturale e storica che rispecchia la profondità e l’eleganza della cultura che le genera. E a Cabras all’azienda vinicola Contini la sua continuità storica ha permesso di comprendere il cambiamento; la visita alle cantine, Elisa e tutti gli altri lavoratori sono abili giovani narratori che agiscono, è un’esperienza anche culturale.
Quello che distingue la produttività degli italiani è, in molti casi, la capacità di saper fare, un’abilità che pochi altri Paesi sono riusciti a conservare. E la conservazione può diventare la base per un tipo di innovazione, se si collega alle competenze che rendono il presente un luogo caratterizzato dalla globalizzazione e dal marketing. A Guspini all’ex Molino Garau la cura del grano e della filiera della farina è una conservazione del passato nella prospettiva che serve per focalizzare l’avvenire.
L’antica tradizione artigianale si fonde con le tecniche industriali, le narrazioni del design, della grafica e, negli ultimi tempi, con le tecnologie permettono un contatto diretto col mercato, dando vita a innovazioni che conservano l’autenticità della tradizione. A Montevecchio, in uno stabile dell’antica miniera, artigianato e tecnologia si uniscono in un’arte politecnica tra cultura tecnologica e umanistica; qui lavora il birrificio Quattro Mori. E i loro ricercatori vanno a studiare in Baviera l’arte della birra a bassa fermentazione.
A Riola, passando per Santa Caterina di Pittinuri, S’Archittu, fino a Putzu Idu attraverso il modello virtuoso dei comuni che si danno una mano consorziandosi, Elvio e la sua lavanda cercano un modello sostenibile tra la cura dell’ambiente, la sostenibilità economica e la comunicazione digitale. Sembra che Luciano Floridi nel scrivere il suo importante libro sui territori verdi e digitali “Il verde e il blu” sia passato di qui. La transizione ecologica e digitale è una grande opportunità, nulla di pauroso ne di conservativo. Non è neppure il mondo dell’innovazione selvaggia. È lo spazio che l’economia dell’informazione riserva alla capacità degli umani di scegliere con sapienza le traiettorie del loro futuro e di cambiare ciò che va cambiato per garantirsi un futuro possibilmente migliore. A partire dal riconoscere sempre che la transizione digitale non è la sua digitalizzazione.
Come cambia la pratica dell’ospitalità nel mondo digitale? Di certo, c’è bisogno di fare un passo molto lungo. Il passo sicuro da montagna che bisogna anche avere per raggiungere in mezzo al verde il pranzo all’Agriturismo Sa Tanca a Arbus dove incontriamo il pane di Porta 1918. Dal loro racconto fra lievito madre e i sapori del pane, in un contesto storico dominato dalle opportunità spesso oltre il limite offerte dalla tecnica, emerge il bisogno di una rinnovata consapevolezza umanistica. Lo stesso timbro che accomuna le storie di un artigiano della filigrana come l’orafo Vadilonga, l’ enologo Angelo Angioi quando parla della sua malvasia e il maestro coltellinaio Paolo Pusceddu nel suo tempio e museo del coltello. Anche in loro la forma del futuro si legge nelle narrazioni che accompagnano la società. Una società, anche qui come in molte altre regioni italiane, dove lo stato-nazione costituito da una parte di classe dirigente decisiva ma non consapevole della biodiversità culturale, genetica e ambientale dei territori ha generato un risultato inaspettato, indebolendo i territori e le sue comunità. Anche per questo i comuni della costa ovest come in molte altre parti d’Italia si stanno riunendo e hanno voluto questo progetto per ricostruire il senso del mutuo soccorso per le nuove idee ricostruttive. Con la consapevolezza che è facile perdere di vista la differenza tra quello che è urgente a quello che è importante.
Mentre ci avviciniamo in auto alla fine della costa ovest, Tore Cubeddu, imprenditore dell’impossibile mi racconta la sua esperienza tra satelliti e streaming video; fuori dal finestrino non si vede, per fortuna, la Silicon Valley ma la Planargia. Così la domanda se l’epoca del rinnovamento mondiale che stiamo vivendo sia tale da richiedere alla Sardegna e all’Europa di omologarsi, cambiando le loro abitudini secolari adattandosi ai modelli globali, diventa centrale. I processi che producono innovazione anche e soprattutto nel mondo dell’ospitalità sono relativi alla cultura nei quali si verificano. L’innovazione stessa rappresenta un evento intrinsecamente legato alla cultura, poiché la sua radice risiede nella conoscenza. È plasmata dai sistemi di valori di coloro che la mettono in atto, dall’organizzazione sociale da cui emerge, dalla libertà di pensiero e dalla ricchezza delle informazioni offerte da chi la propone, nonché dalla competenza e dalla dedizione di coloro che la adottano. L’innovazione si manifesta attraverso le peculiarità di un territorio, non solo in termini di investimenti e infrastrutture, che sono certamente fondamentali, ma anche attraverso tutto ciò che ne definisce la qualità umana. La capacità di guardare al passato per avviare l’innovazione; riconoscere l’estetica, l’emozione e la forza culturale, umana, e sociale delle nuove tecnologie.
E qui sulla costa ovest si sta davvero cercando di trovare l’interpretazione giusta, un nuovo sistema operativo che aiuti le comunità a credere in sé stesse per quello che valgono e nello stesso tempo a imparare dagli altri per quello che serve. È un buon modo per accogliere e essere accolti tra il blu e il verde.
Qui la prima parte del racconto…
ps: grazie Sara e Nicola!