Internet. Polis, Comunità o Stato?

A quale di queste forme di gestione di uno spazio possiamo ricondurre Internet?
Senza entrare in analisi di diritto e di cittadinanza, non ne sarei capace, ma ricordando solo brevemente, secondo la convenzione del 1933 di Montevideo per esserci uno Stato riconosciuto internazionalmente servono tre caratteristiche: un popolo, un territorio e un potere di governo.
La comunità invece sempre riducendo tutto a poche righe è un insieme di persone che condividono uno spazio seguendo vincoli e leggi organizzative e economiche.
La polis greca esiste infine come dimensione al tempo stesso sociale e politica della vita di relazione. Nelle polis manca un’autorità statale e un potere esecutivo vero e proprio, è pressoche nulla la distinzione tra governanti e governati.
Internet ma qui forse è meglio parlare di Web, è sicuramente un luogo, abitato, Sergio Maistrello ci fece un libro bellissimo qualche anno fa, con un popolo, senza una forma di governo. O meglio una possibile forma di governo c’è e è, ci torneremo tra poco, la tecnologia Bitcoin con blockchain, un processo decisionale, un protocollo di consenso per gestire transizione economiche. Manca anche di regole definite che permettano a una pluralità di persone di gestire lo spazio, difficile quindi anche contestualizzarla come comunità.
Internet manca anche un potere esecutivo e mancherebbe anche la distinzione tra chi governa e chi è governato. Possiamo escludere allora sia la forma Stato che quella di Comunità.
Rimane la Polis. Il Web è la nuova Polis. Il senso originale della Polis, la sua prima democrazia è il risultato naturale, il fiorire della vita civile, della vita politica. La polis ha naturalmente dentro se una strutturale dimensione collettiva e partecipativa. La polis nasce tra e dalle relazioni delle persone, che si occupano insieme della gestione del bene comune. L’anima ha dentro se il senso del bene comune. Anche il web in potenza ha una struttura collettiva e partecipativa e è pieno di senso e di sentimento, Alex Giordano e la sua etnografia digitale ci lavorano bene da anni. Manca ancora di quella di consenso e decisionale. E qui torniamo a Bitcoin. I bitcoin sono una moneta virtuale e utilizzano uno strumento chiamato blockchain per decidere se le transizioni finanziarie effettuate con bitcoin sono valide o meno. L’enorme vantaggio di bitocoin rispetto ai sistemi di scambio finanziario attuali sono principalmente i costi, molto bassi, e il processo decisionale che non è verticistico come nelle monte tradizionale (Banca centrale e banche nazionali) che è distribuito tra tutti i computer possessori di bitcoin. Perchè non applicare la tecnologia Bitcoin anche per la governance di un luogo, di un territorio? Il processo decisionale diventerebbe cosi peer to peer. Nessun governante e nessun governato. Blockchain ha ancora molti limiti (una lettura davvero interessante la potete avere nel bel libro di Amato e Fantacci, Per un pugno di bitocoin) e non è mai un buon metodo permettere alla tecnologia di definire il comportamento sociale e organizzativo dell’umanità ma l’approccio e il senso per un grande governo collettivo che possa fare a meno della democrazia rappresentativa e dei suoi corpi intermedi è da approfondire.
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