Belmonte Calabro, la Rivoluzione delle Seppie

Ci sono luoghi che restano invisibili fino a quando qualcuno non li abita di nuovo. Non nel senso immobiliare del termine, ma come gesto politico. È quello che succede a Belmonte Calabro, un paese arrampicato sulla costa tirrenica della Calabria, dove le case erano silenziose e le strade immobili fino all’arrivo di una rivoluzione. Una rivoluzione fatta non di proclami, ma di seppie. Belmonte Calabro, è un bel paese, non ci sono grandi wow ma c’è il senso della comunità che ci vuole provare, anche grazie alle Seppie.

Non è una metafora. È proprio così che si chiama: La Rivoluzione delle Seppie, un collettivo di architetti, artisti, attivisti, ricercatori e visionari che da anni ha scelto di lavorare con i margini – geografici, umani, politici. Rita Adamo, architetta, anima e fondatrice insieme a altri del progetto, ha scelto Belmonte come luogo dove il margine smette di essere periferia e può diventare centro. Non un ritorno romantico alla terra, ma un esperimento di coabitazione, co-progettazione, co-esistenza.

La casa che riapre, la comunità che si ricrea.
A fine maggio si è concluso BelMondo Reloading, il ciclo di eventi che ha riaperto la Casa di BelMondo dopo un anno di ristrutturazioni. Non si è trattato solo di muratura e falegnameria, ma di pedagogia dell’abitare: laboratori di autocostruzione, performance notturne, residenze artistiche che hanno trasformato lo spazio in un dispositivo vivo di relazioni.

Nico Angiuli ha portato a Belmonte una delle performance più forti degli ultimi anni. “Notturno senza luna”: volti di donne calabresi uccise da violenza patriarcale o mafiosa proiettati sui monumenti pubblici. Il Milite Ignoto e il busto di Galeazzo di Tarsia diventano così superfici di ascolto, smascherano la retorica monumentale e riscrivono la memoria in chiave femminista.

Parallelamente, Sleeping in (BelMondo) ha esplorato la politica del riposo. Dormire come gesto progettuale, costruire una foresteria temporanea per una comunità che non ha paura di fermarsi. Esmee Maluta e Julia Leanie Rosner hanno accompagnato residenti e abitanti temporanei in un processo performativo e manuale, fino alla notte finale, condivisa, sospesa.

Ascolta, ma con le mani.
Il collettivo Word of Mouth ha proposto “ASCOLTALA”, un progetto che unisce voci e tessuti. Le artiste hanno raccolto memorie orali delle donne di Belmonte, registrandole su cassette analogiche, e le hanno intrecciate in un sari indiano. Ogni filo è un racconto, ogni tessitura un sapere condiviso. Il sari, diventato installazione permanente, resta nella Casa: archivio tattile, carezza politica.

Il margine come metodo.
Non è un caso che tutto questo succeda qui, in Calabria, e non in una metropoli. Perché qui ogni gesto è carico di difficoltà strutturali, abbandono istituzionale, sguardo indifferente. Ma è proprio da questo che nasce il potenziale. Come scrivono nel loro comunicato: “Lavorare nei margini è una scelta politica: è lì che si possono sperimentare modelli alternativi di convivenza e produzione culturale”.

Il margine, se attraversato con rispetto e rigore, non è più periferia, ma un nuovo centro. Uno spazio in cui l’arte non è orpello ma pratica sociale. In cui la casa non è proprietà ma luogo comune. In cui la memoria non è racconto nostalgico, ma azione collettiva.

Ma Belmonte non è l’unico terreno fertile di questa insurrezione gentile. La Rivoluzione delle Seppie ha esteso le sue braccia anche altrove, costruendo legami e dispositivi in altre aree fragili della Calabria. A Cosenza, ad esempio, il progetto CosMo acronimo di Cosenza Micromondi e a cui ho avuto la fortuna di dare una mano, ha trasformato il centro storico in un laboratorio civico, dove architettura, ascolto e conflitto generano una nuova urbanità relazionale. Con Crossings, le Seppie hanno attraversato il Sud come si attraversa un fiume carsico: silenziosamente, connettendo mondi, pratiche e saperi che raramente si incontrano. E con South Learning, Belmonte è diventato una scuola diffusa, dove gli studenti non “studiano il territorio” ma lo abitano, lo sfidano, ci convivono. Non si tratta di replicare modelli, ma di agire per contatto, per prossimità, per trasformazione mutuale. Ogni luogo, se trattato con cura, può diventare un centro. Ogni margine, se attraversato collettivamente, può smettere di essere periferia. E in questo ecosistema vivo c’è Elio Fortunato, artista e formatore napoletano che con il progetto Cosmo – Cosenza Micromondi ha costruito un ponte concreto tra Napoli e Cosenza. Presenza silenziosa competete e fondamentale, Elio lavora nei vuoti, fisici e digitali, dei territori, cucendo relazioni, rigenerando spazi abbandonati, disegnando possibilità con La Rivoluzione delle Seppie. Un esempio raro di pratica artistica che è anche cura collettiva. Mentre è notizia di questi giorni che La Rivoluzione delle Seppie è ufficialmente tra i “progetti finalisti dei New European Bauhaus Prizes 2025”. La votazione pubblica è attiva proprio in queste ore, fino al 10 luglio 2025.

Rita Adamo e le Seppie non stanno solo riabitando Belmonte: stanno riscrivendo cosa può essere un territorio nel XXI secolo. E noi, da lontano, possiamo ascoltare, e forse, ogni tanto, scendere a riva.

photo credits: Giulia Rosco