Il grande Metafisico, Giorgio De Chirico, 1917

Cosa resterà di iTunes Store, Google Play e del mercato del sofware?

Che fine farà il mercato del software cosi come lo abbiamo conosciuto fino a oggi? Come evolveranno Apple, Microsoft, Adobe, Google e tutti gli altri?

Il tuo podcast è pronto. Voce chiara, musica precisa, effetti sonori che seguono il ritmo. Non hai aperto Audacity, GarageBand, Pro Tools o Reaper. Non hai montato nulla. Hai solo descritto cosa volevi e l’agente AI ha fatto il resto. Distribuito su Spotify e iTunes, senza che tu debba muovere un dito. L’AI si occupa di tutto: scelta della musica, bilanciamento dell’audio, ottimizzazione per la diffusione online. Non c’è più la fase di produzione come la conoscevamo.

Stessa cosa per la copertina: grafica perfetta, colori giusti, già formattata per i social. Non hai usato Photoshop, Illustrator, Krita o Procreate. L’agente AI ha preso l’idea e l’ha trasformata in un’immagine ad alta risoluzione. Anche qui, non c’è stato bisogno di configurare livelli, maschere o strumenti di selezione. Il prodotto è pronto, subito, senza intervento manuale.

Questo cambia tutto. Prima dovevi imparare software, ora basta chiedere. Non ti interessa più sapere come funziona l’editing audio o grafico, vuoi solo il risultato. Le software house come Adobe, Avid, Affinity o Corel non vendono più strumenti direttamente agli utenti finali. Si rivolgono agli sviluppatori di agenti AI. Non si pagano più licenze singole, ma pacchetti enterprise con API integrate. E questo comporta una nuova distribuzione del valore economico: non è più il consumatore finale a finanziare il software, ma l’ecosistema delle AI.

E il mercato cambia di conseguenza. Se fino a ieri ti abbonavi a Creative Cloud, domani pagherai l’agente AI che usa Photoshop o Illustrator per te. Non compri più strumenti, ma output già raffinati. E le vecchie interfacce? Dimenticate. Nessun drag and drop, nessuna timeline da sistemare. Solo una richiesta testuale o vocale. Le nuove generazioni cresceranno senza mai toccare un software tradizionale, abituate a interagire direttamente con l’output finale.

Il rischio è chiaro: se poche piattaforme AI monopolizzano la produzione creativa, tutto diventa standardizzato. I software tradizionali potrebbero diventare obsoleti, confinati in nicchie specialistiche. Canva potrebbe diventare un agente AI autonomo, offrendo grafiche senza che tu debba nemmeno muovere il mouse. Anche l’idea di creatività si trasforma: non più una pratica manuale ma una direttiva concettuale da affidare all’AI.

E cosa ne sarà dei marketplace come iTunes Store, Google Play o simili? Se i contenuti vengono generati e distribuiti direttamente dagli agenti AI, il concetto stesso di marketplace potrebbe cambiare. Non più una vetrina per prodotti finiti, ma un archivio automatizzato di creazioni AI pronte per l’uso. Oppure potrebbero diventare hub di distribuzione automatica, dove gli agenti AI caricano e aggiornano i contenuti senza l’intervento umano. Il valore non sarà più nella piattaforma stessa, ma nell’ecosistema AI che gestisce tutto il processo creativo e distributivo.

E i siti di servizi come Booking, Airbnb, Expedia? Se l’agente AI si occupa direttamente della prenotazione di voli, hotel o auto, aggregando le migliori offerte da più fonti senza l’intervento dell’utente, il modello di business di queste piattaforme vacilla. Non più portali da consultare, ma motori interni agli agenti AI che cercano e prenotano automaticamente in base alle tue preferenze. I grandi player potrebbero riconfigurarsi come fornitori di dati e API, offrendo accesso diretto alle loro reti di partner commerciali, ma perderebbero il contatto diretto con l’utente finale.

E il web nel suo complesso? Con l’adozione massiccia degli agenti AI, la struttura stessa di Internet cambierà. I siti web diventeranno meno rilevanti come interfacce dirette: l’AI agirà come filtro, raccogliendo informazioni, servizi e contenuti per l’utente. I motori di ricerca tradizionali potrebbero perdere centralità, sostituiti da agenti che conoscono già i tuoi gusti, necessità e preferenze. La navigazione web potrebbe ridursi a una serie di richieste personalizzate, senza più bisogno di esplorare manualmente. I siti saranno costruiti più per comunicare con le AI che con gli esseri umani. Le piattaforme che non si adatteranno a questa nuova logica rischiano di diventare invisibili, nascoste dai nuovi filtri algoritmici degli agenti. Un cambiamento profondo, che ridefinirà il concetto stesso di presenza digitale.

Il futuro delle app è un mercato di servizi. Non importa quale software usi l’AI, importa il risultato. Gli utenti non cercano competenze tecniche, ma output pronti. E chi controlla l’agente AI decide lo stile e l’estetica. Un podcast, una copertina, tutto fatto senza nemmeno aprire un programma. Produzione umana? Solo un ricordo. La cultura stessa dell’artigianalità digitale si dissolve, sostituita dall’automazione creativa. Il rischio è di perdere il controllo sulle modalità di rappresentazione, uniformando stili e formati, in un contesto dove la macchina detta le regole della narrazione visiva e sonora.

Saremo ancora padroni delle nostre creazioni? Oppure diventeremo spettatori di algoritmi che decidono, impaginano, raccontano? Forse non è tanto l’AI a trasformarci, quanto la nostra resa davanti alla semplicità di un comando vocale. Alla fine, il vero rischio non è tanto perdere il controllo dei mezzi, ma dimenticare cosa significhi creare.

Eppure, c’è un’altra possibilità: collaborare. Usare l’intelligenza artificiale non come un sostituto, ma come un potenziatore della creatività umana. L’AI non cancella l’uomo, lo accompagna. Migliora i processi, riduce la fatica, amplia le possibilità espressive. Il punto non è resistere al cambiamento, ma guidarlo. Se impariamo a usare queste tecnologie per valorizzare l’intuizione, l’arte e la capacità di narrare, non saremo schiacciati dall’innovazione, ma arricchiti. In fondo, non si tratta solo di lasciare che la macchina crei per noi, ma di trovare nuovi modi per esprimere quello che siamo. Non una resa, ma un’evoluzione.