Nicolás Ortega. Fonte: “Turris Babel,” Coenraet Decker, 1679
“È un problema che ne contiene molti. E che si rivela strategico per tutta l’industria editoriale, per le piattaforme mediatiche, per gli autori e, naturalmente, soprattutto per il pubblico. Richiede una ridefinizione dei ruoli per tutti gli attori coinvolti, nel complesso passaggio storico che attraversano le società post-industriali. E si comprende solo nella consapevolezza del fatto che l’information overload non è solo l’effetto della moltiplicazione dei messaggi, ma anche la conseguenza del fallimento dei sistemi che dovrebbero filtrare l’informazione, come per esempio suggerisce l’internettologo Clay Shirky. Nel caos creativo cui assistiamo in questa fase di passaggio, si sperimentano strategie più o meno sostenibili. Quali sono i percorsi che ci possono condurre a costruire un ecosistema dell’informazione più sano e vivibile?”
Nel 2009 Luca De Biase, scrisse un articolo importante, oggi forse ancora più attuale di allora: “La strategia della disattenzione” se potete andate
qui a ri-leggerlo; sulla quantità di informazione che cresce, tra tv, media, giornali, blog e social, inesorabile. Con poco metodo e con poche verità.
Poco è cambiato da allora, anzi l’ecologia dell’informazione è sempre più debole, in crisi come l’ecologia del pianeta. Perchè se l’antropocene è l’epoca dell’uomo che ha reso fragile il pianeta, l’infocene è l’epoca in cui l’informazione, naturale strumento di relazione e di scambio di conoscenza, è snaturato come sistema primario che ci ha portato a un punto di non ritorno quasi sicuramente per l’uomo, quasi sicuramente per il pianeta che ripartirà senza di noi.
Come uscire dal mainstream, non tanto informativo quanto dei media, che rimane unico nel suo essere onnivoro, fino all’ultimo utente, non ha per ora ancora soluzioni. Molti di buona volontà in questi anni hanno proposto e propongano anche oggi metodi, ricerche e strumenti. La ricerca di un metodo che permetta di disegnare e costruire dei luoghi online sociali e civici, i media civici, dove il processo deliberatorio è relazione, informazione, verifica, conoscenza e decisione. I suoi prototipi faticano a emergere stretti nella strategia della disattenzione che ha trai suoi principi la quantità e i grandi numeri di like, di informazione e di network prima della loro qualità. Ma nel grande mare del Web ci sono sempre opportunità da cogliere, spetta a noi farle diventare strumenti sostenibili per noi e per gli altri. Si può provare utilizzando ad esempio i motori di ricerca per i podcast, Listen Notes ma ce ne sono molti altri, dove potete trovare ottima informazione fatta in maniera responsabile da migliaia di persone che cercano di capire come stanno le cose. Ci sono televisioni online come Twitch, dove lo scambio di conoscenza guarda soprattutto al futuro e dove finalmente al centro potete vedere centinaia di migliaia di giovani che propongono, ascoltano, imparano e linkano per davvero. Ci sono social come Discord, che sembrano fatti apposta per imparare e scambiare, dati e informazioni e far conoscere i propri talenti. Non si tratta di stare o di entrare nella nostra solita bolla informativa, (la filter bubble di Eli Parise) ma di ricercare relazioni e informazioni con il tempo, il nostro tempo. E’ questione di ricercare una giustizia informativa.