Gli Stati Uniti e i Paesi occidentali hanno detenuto la leadership nella produzione di metalli rari fino alla fine del secolo scorso, mentre la Cina cresceva rapidamente. Nel 2002, il costo medio di un chilogrammo di terre rare prodotte in Cina era di soli 2,8 dollari, la metà rispetto a quello statunitense. Di fronte a questa convenienza economica, molte nazioni hanno preferito delocalizzare la produzione, trasferendo non solo l’industria ma anche l’inquinamento nei Paesi più poveri, disposti a sacrificare il proprio ambiente in cambio di sviluppo economico. Mentre la Cina ormai da più di 20 anni è leader nel mercato delle Terre Rare.
Piuttosto che rinunciare a una logica di puro profitto e sostenere, anche a costo di perdite, l’estrazione di metalli rari nei Paesi occidentali, dove si rispettavano principi fondamentali di responsabilità ecologica, si è scelto di lasciare campo libero a una gestione incontrollata delle risorse. Europa e Stati Uniti erano pienamente consapevoli dei costi necessari per ottenere Rerre Rare in modo relativamente sostenibile, evitando di compromettere il futuro delle nuove generazioni. Tuttavia, hanno preferito ignorare le conseguenze ambientali e chiudere gli occhi su ciò che accadeva in Cina, permettendo uno sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali.
L’estrazione delle terre rare comporta costi economici e ambientali estremamente elevati. Le Terre Rare sono distribuite in maniera abbastanza uniforme sulla Terra tranne alcuni giacimenti importanti. Il processo idrometallurgico, ad esempio, prevede la frantumazione e il trattamento con acidi di decine di tonnellate di roccia per ricavarne solo pochi chilogrammi di elementi utili. Anche altri metodi non sono meno dispendiosi in termini di risorse e impatti ambientali, contribuendo a un modello produttivo altamente inquinante e insostenibile nel lungo periodo.
Le Terre Rare e alcuni minerali preziosi sono strategici. L’elenco delle Terre Rare fornito dalla Commissione europea ne elenca altre oltre le 17 Terre Rare, includendo tra queste viste l’importanza strategica, germanio, gallio, tungsteno, antimonio, berillio, grafite, cobalto, vanadio, tantalio; alcune Terre Rare, come il prometio, sono cosi rari quasi da non esistere, se non in quantità infinitesimali. Questi metalli sono associati ai metalli comuni e si mescolano con essi nella crosta terrestre, ma sono presenti in quantità molto limitate. Ad esempio, il suolo contiene 1200 volte meno neodimio e fino a 2650 volte meno gallio rispetto al ferro. E questa rarità impatta direttamente i mercati e gli investimenti. Le terre rare hanno produzioni annue limitate, e noi abbiamo poche informazioni: si producono circa 1.600.000 tonnellate di terre rare rispetto ai 2 miliardi di tonnellate di ferro, ben 15.000 volte di meno. Per il gallio, la produzione annua è di soli 600 tonnellate, a fronte dei 15 milioni di tonnellate di rame, 25.000 volte di meno. E cosi questi metalli sono costosi: un chilo di gallio può costare dai 400 ai 600 dollari, quasi 10000 volte più del ferro.
Rimane il metodo estrattivo e per l’ennesima volta colonizzatore verso le comunità fragili della terra. Dall’Africa all’Ucraina (che non ha risorse fondamentali e straordinarie di Terre Rare) la storia è la stessa.