The Chess Players, Thomas Eakins, 1876

Gli artigiani creativi dell’intelligenza artificiale

Mentre la narrazione della potenza dell’intelligenza artificiale prosegue indisturbata, dall’altra parte, in particolare in Cina e Russia non c’è narrazione al riguardo. Cosi la Silicon Valley con al traino noi poveri europei, spaventata si domanda se la Cina stia sviluppando un’intelligenza artificiale comunista.

Se la storia della AI occidentale è una storia militare prima che scientifica, è possibile che dall’altra parte ci sia una storia socialista che determina lo sviluppo della AI. Mentre McCarthy riceve qualche migliaio di dollari nel 1956 dalla Rockfeller Foundation per iniziare a discutere di AI, altri laboratori statunitensi e non stanno pensando a una AI non deterministica e lontana dall’approccio militare e capitalistico con al centro la filosofia cibernetica. Mentre la cibernetica mirava a utilizzare i concetti delle macchine per approfondire la nostra comprensione dell’intelletto umano, senza l’intento di replicarlo, l’intelligenza artificiale prese una direzione divergente; si prefisse l’ambizioso obiettivo di creare dispositivi capaci di emulare e aumentare il pensiero umano. Il suo scopo principale non era svelare i segreti della cognizione umana; all’esercito serviva qualcosa che facesse altri tipi di calcoli. Laboratori come  il gruppo di cibernetica di Heinz von Foerster, presso l’Università dell’Illinois, che guidò il Biological Computer Laboratory dal 1958 al 1976. Il suo approccio enfatizzava la “cibernetica di secondo ordine”, concentrandosi su come i sistemi osservano e si auto-organizzano. Questa prospettiva contrastava con l’approccio più meccanicistico del MIT, sottolineando l’importanza dell’autonomia e dell’auto-riferimento nei sistemi intelligenti. Mentre Gordon Park e la teoria della conversazione sviluppò la teoria della conversazione, un framework per comprendere l’apprendimento e la comunicazione. Il suo approccio vedeva l’intelligenza come emergente dalle interazioni, piuttosto che come una proprietà intrinseca di un sistema isolato. Pask lavorò su macchine di apprendimento interattive e sistemi adattativi, enfatizzando il ruolo del contesto e del dialogo nell’intelligenza. Oppure Walter Grey, uno dei grandi analisti della scoperta dell’elettroencefalografia, negli anni ’40 e ’50, costruì robot autonomi chiamati “tartarughe” che esibivano comportamenti complessi basati su semplici meccanismi. Il suo lavoro anticipò molti concetti della robotica comportamentale e dell’IA incarnata, dimostrando come comportamenti intelligenti potessero emergere da semplici regole e interazioni con l’ambiente. Lui come molti di questi scienziati provengo da studi di neurofisiologia e di psicologia abbastanza lontani dunque dalla matematica e molto piu vicini alla cibernetica. Stafford Beer applicò principi cibernetici all’organizzazione e al management, sviluppando il Viable System Model. Il suo lavoro enfatizzava come i sistemi intelligenti (incluse le organizzazioni) dovessero essere capaci di adattarsi e auto-regolarsi. Questo approccio contrastava con la visione più rigida e gerarchica dell’intelligenza proposta dal MIT e da McCarthy e altri. Maturana e Varela proposero il concetto di autopoiesi, descrivendo i sistemi viventi come reti di processi che si auto-producono. Questa visione dell’intelligenza come proprietà emergente di sistemi autonomi sfidava l’approccio simbolico, enfatizzando invece l’importanza dell’embodiment e dell’accoppiamento strutturale con l’ambiente. Ashby infine formulò la legge della varietà necessaria, che afferma che un sistema di controllo deve avere almeno tanta varietà, intesa come complessità, quanto il sistema che sta cercando di controllare. Il suo lavoro sull’omeostasi e l’adattamento nei sistemi complessi influenzò profondamente il campo della cibernetica e offrì una prospettiva alternativa all’approccio più rigido e deterministico dell’IA simbolica.

Questi approcci, sebbene diversi tra loro, condividevano una visione dell’intelligenza come fenomeno emergente, adattativo e profondamente interconnesso con l’ambiente. Contrastano con l’approccio predominante di allora che tendeva a vedere l’intelligenza come una proprietà che poteva essere codificata attraverso regole logiche e manipolazione di simboli. Tutte queste teorie in sintesi, alcune inserite e sviluppate nella ricerca dominante della AI di oggi, provano a dimostratore che la nostra intelligenza aumentata dalla AI determinata riduce le nostre abilità a favore dell’efficienza, militare e capitalistica, mentre il perfezionamento grazie alla AI ci offre nuove competenze e arricchisce le nostre interazioni con l’ambiente circostante. Questa distinzione essenziale determina come la tecnologia si integra nelle nostre vite, trasformandoci da esecutori passivi in artigiani creativi. E tutti questi scienziati  provengono dal pensiero iniziale della cibernetica, che è profondamente diversa da quello per cui è stata progettata la AI. Allora la domanda iniziale del pericolo di una AI comunista può forse valere per i tecnodeterministi e gli integralisti della AI. Per le comunità il senso che deve avere la AI, il suo sviluppo e il suo utilizzo ancora una volta è quello della responsabilità e della consapevolezza. Riprendendo la AI e sviluppandola al servizio dell’umanità e del globo. Per ora non è così, ma dobbiamo far si, soprattutto attraverso la scuola e l’educazione, che questo sia lo scopo delle generazioni di domani, possibilmente mattina.

 

Bibliografia per chi vuole approfondire:

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