Andarsene da Facebook almeno per me è stata una scelta sofferta, non avevo rabbia o gioia nel farlo ma solo solitudine e impotenza. Per me prendere una decisione quando mi sento vulnerabile è sempre pesante. Ci ero arrivato, lì, nel 2005 e mi sembrava un posto difficile e inutile. Ci ero arrivato come si arriva in tutti questi troppi posti. Leggi un po’ senti qualcuno vai sulla pagina e ti apri un account. Quanti account avrò mai aperto dal 1994 dai primi giorni in cui ho iniziato a navigare sul web non lo so davvero. Esplori, navighi e provi. Molti e tutti senza molto entusiasmo, ci sta il mio amico, magari mi serve, apri un account, è una nuova esperienza, forse un nuovo viaggio. Fare un viaggio però è tutta un’altra storia. Fare un viaggio di spirito, di territorio, di relazione sempre è l’esperienza di una nuova vita, è percorrere spazi, stadi come li chiamavano i greci, è sentire la fatica di coprire quegli spazi, è relazione, connessione, è tanto amore e dono. Sono le uniche cose che contano, le uniche cose che ci differenziano dalle scimmie.
Lì invece c’è solo vulnerabilità. C’è la ricerca dell’ Io ideale, ma io vorrei essere davvero solo me stesso, con le mie emozioni e le mie paure perchè è solo cosi che posso trovare la reciprocità con gli altri, con i diversi da me. Facebook mi propone nuovi amici, nuovi relazioni e intanto non riesco proprio lì a abbandonare il mio io ideale e non riesco a creare relazioni, ma non relazioni, abbracci e aiuto. Vorrei provare a capire se c’è una strada fuori di li per essere aiutato e per dare una mano in mezzo a questa politica, a questo sistema economico a questo sistema dell’informazione. Ho bisogno di riconoscere la vergogna mia e degli altri nel non sentirmi pronto e adeguato per fare le cose perchè la vergogna è la paura più grande di rimanere da solo, di essere emarginato. Ho bisogno di un posto dove gli altri capiscano che sono imperfetto. Ho bisogno di coraggio per capire e stare con le mie tante imperfezioni e con quelle degli altri. Ho bisogno di essere autentico. Io e la mia vulnerabilità. Credo sia un buon modo per amare, per dare e ricevere. E allora torno in cammino, provo a viaggiare, lontano, fuori anche di lì.